Avrete sentito parlare chissà quante volte della Little Italy, in tv, sui giornali e ovviamente in rete. Sicuramente ancor di più in questi giorni, dopo la notizia dell’approvazione ufficiale della Brexit, cioè dell’uscita del Regno Unito dalla Comunità Europea. Ma perché se ne parla a gran voce proprio adesso? Perché , secondo i dati statistici, la Little Italy di Londra pare essere la comunità di italiani all’estero più grande del mondo. Se in questi ultimi periodi è divenuta oggetto di dibattito quotidiano è quindi perché ci si chiede cosa ne sarà, di tutti questi nostri connazionali, quando il Regno Unito si distaccherà ufficialmente dell’Unione Europea?
Little Italy, origini, storia, tradizione
La formazione delle Little Italy risale al XIX secolo, quando si verificò un vero e proprio esodo di italiani verso il continente da poco scoperto: l’America. Ma le Littles Italy, termine con il quale si definisce un agglomerato di individui di origine italiana insediati in un territorio anglosassone, esistono da molto tempo prima. La comunità di italiani all’estero più consistente del mondo è situata proprio nel Regno Unito, a Londra, i cui primi insediamenti avvennero nel medioevo. A quei tempi si trattava perlopiù di mercanti. Successivamente il flusso migratorio riguardò dapprima la nobil gente, e poi, dopo le guerre, la gente meno abbiente la quale, impoverita dalla guerra, cercava altrove un po’ di fortuna. La zona in cui gli italiani cominciarono ad aggregarsi fu Clerkenweel, il quartiere londinese reso noto dai versi di Dickens nel suo Oliver Twist. La comunità continuò a crescere anno dopo anno fino a raggiungere, oggi, gli oltre 12.000 membri. Un vera e propria società dentro una delle città più famose al mondo, costituita da chi ha avuto il coraggio di andar via e di mantenere vive le proprie tradizioni. Tante sono, infatti, le cerimonie religiose e civili che ogni anno hanno luogo a Clerkenweel. Dal rituale del caffè alle processioni religiose.
Brexit e Little Italy: quali conseguenze per i residenti italiani?
Il 23 giugno 2016 è una data che verrà ricordata sui libri di storia come inizio di una nuova epoca socio-politica che cambierà le sorti dell’Europa, ma non solo. E’ proprio in questo giorno che il popolo anglosassone ha espresso, attraverso un referendum popolare, la volontà di distaccarsi, dopo 40 lunghi anni, dalla Comunità Europea. Benché l’esito della Brexit è stato da subito positivo, si è dovuto attendere fino al marzo del 2017 perché le sorti del Regno Unito fossero decise. L’approvazione del distaccamento britannico, infatti, come da politica inglese, ha avuto bisogno della totale approvazione sia della Regina che del Governo. Ed è così che il 13 marzo scorso è stato pronunciato il sì definitivo che ha sancito ufficialmente l’avvio delle procedure di divorzio tra Regno Unito e Comunità Europea. E come ha dichiarato la Premier conservatrice, l’avvio dell’articolo 50 del trattato di Lisbona è arrivato entro fine marzo.
La Brexit ha generato fin da subito dubbi e preoccupazioni sia tra i membri della Little Italy, sia tra chi, o per studio o per lavoro, aveva in programma un trasferimento nel territorio britannico. Le incognite sono molte e preoccupanti. I dibattiti principali riguardano la rivalutazione sociale dei residenti italiani all’estero, ma non mancano quelli relativi alle sorti degli studenti. Uscendo dall’UE i cittadini italiani potrebbero imbattersi in problemi burocratici che complicherebbero la situazione economico-sociale. Entrano così in ballo contratti di lavoro, diritti, status sociali. Ci si potrebbe addirittura esser considerati come immigrati. I cambiamenti coinvolgerebbero certamente anche il campo delle spedizioni. Uscendo fuori dall'Unione Europea, l'Uk dovrebbe modificare normative per l'import-export verso i paesi ancora membri. Anche se ancora nulla è certo, non possiamo escludere la possibilità che spedire in Inghilterra o importare dall'Inghilterra all'Italia potrebbe essere più complicato.
A queste controversie si aggiungono questioni ancora più problematiche. Parliamo del malcontento scozzese che, proprio alla luce della palese volontà di voler rimanere in UE espressa in occasione del Referendum, con una percentuale chiaramente maggiore (66%), adesso rivendica i propri diritti, richiedendo un nuovo referendum per rivendicare l’indipendenza del paese. Alla dissociazione del Regno Unito dall’UE, evento che arrecherebbe grandi cambiamenti politico-sociali ma, soprattutto economici, considerando che l’UK rappresenta una delle più influenti potenze mondiali, si affaccia all’orizzonte un altro grande dato preoccupante: la visione di un futuro Regno “disUnito”. Ad aumentare la tensione il No deciso della May che non intende fare passi indietro portando avanti decisa la presentazione di appello all’articolo 50 del trattato di Lisbona, fissata per il prossimo 29 marzo e le dichiarazioni del Primo Ministro scozzese, il quale ribadisce il principio del rispetto tra eguali sul quale si è sempre basata la politica del Regno Unito e la speranza che la Premier britannica possa rivedere le scelte prese.
In questo clima di tensioni e cambiamenti decisivi non è possibile fare previsioni. Ciò che è certo è che le scelte della Corona rivoluzioneranno imprescindibilmente i destini dell’intero continente e non solo quelli britannici. Per i nostri connazionali non resta che attendere l’avvio delle procedure e i conseguenti risultati a cui queste porteranno.