Le recensioni online hanno ormai assunto un ruolo cruciale nel processo decisionale dei consumatori. Prima di un acquisto, sempre più utenti si affidano alle valutazioni espresse da altri clienti per orientarsi verso la scelta migliore. In questo scenario, Trustpilot emerge come uno dei colossi del settore, vantando milioni di recensioni pubblicate e una reputazione globale. Tuttavia, dietro questa facciata apparentemente affidabile, emergono problematiche gravi e comportamenti poco trasparenti, che stanno danneggiando seriamente la reputazione di molte aziende, specialmente le piccole e medie imprese.
Nonostante la recente entrata in vigore di normative specifiche per contrastare le recensioni false e tutelare imprese e consumatori (come evidenziato dal recente intervento legislativo del gennaio 2025), Trustpilot continua a operare con pratiche discutibili. Tra queste, il permesso a chiunque di lasciare recensioni senza effettiva verifica dell'acquisto o dell'utilizzo dei servizi, e la richiesta implicita alle aziende di sottoscrivere costosi account premium per rimuovere recensioni negative infondate. Un meccanismo che somiglia sempre più a una forma di “pizzo digitale”, al quale le imprese sono costrette a sottostare per proteggere la loro immagine online.
Cos'è Trustpilot e perché la sua gestione delle recensioni è problematica
Trustpilot è una delle piattaforme di recensioni online più note e utilizzate al mondo. Fondata nel 2007 in Danimarca, oggi vanta milioni di utenti attivi e recensioni che spaziano praticamente su ogni settore del mercato: dalla tecnologia ai servizi turistici, dall’e-commerce alle piccole realtà locali. L'obiettivo dichiarato della piattaforma è quello di creare trasparenza sul web, aiutando i consumatori a fare scelte informate attraverso la condivisione delle esperienze d’acquisto.
Tuttavia, dietro questi intenti apparentemente virtuosi, si cela un sistema che presenta numerose e preoccupanti criticità. Il primo problema risiede nella facilità con cui chiunque può lasciare una recensione su Trustpilot. La piattaforma, infatti, non richiede alcuna prova concreta dell’effettivo acquisto o utilizzo di un servizio prima di consentire la pubblicazione di una valutazione. Di conseguenza, utenti anonimi, concorrenti sleali o persone malintenzionate possono facilmente diffamare un'azienda, danneggiandone gravemente la reputazione senza alcun fondamento reale.
La questione diventa ancora più controversa nel momento in cui un’azienda tenta di far rimuovere una recensione palesemente falsa o diffamatoria. Trustpilot, infatti, tende a ignorare queste richieste, a meno che l’impresa colpita non decida di sottoscrivere un costoso account premium. In altre parole, l'unico modo concreto per un’azienda di tutelarsi contro recensioni false o ingiustificate sembra quello di pagare. Una dinamica che molti imprenditori definiscono ormai apertamente come un vero e proprio “pizzo digitale”.
Questo modus operandi non solo solleva dubbi etici, ma rischia anche di minare profondamente la fiducia degli utenti stessi nella piattaforma, mettendo in discussione l’intero valore del sistema delle recensioni online.
La normativa sulle recensioni false introdotta nel 2025
A partire da gennaio 2025 è entrato ufficialmente in vigore un nuovo pacchetto legislativo mirato a contrastare il fenomeno delle recensioni false, ingannevoli o non autentiche. Queste norme, fortemente volute dalle associazioni di categoria e dagli operatori del settore, sono state introdotte proprio per garantire trasparenza, affidabilità e correttezza nel mondo digitale, tutelando allo stesso tempo consumatori e aziende (come riportato recentemente da ANSA).
Le principali novità introdotte riguardano l’obbligo per le piattaforme di assicurare che le recensioni siano lasciate esclusivamente da utenti verificati, ovvero persone che abbiano effettivamente acquistato il prodotto o utilizzato il servizio recensito. Le nuove norme richiedono inoltre che le recensioni siano pertinenti, dettagliate e pubblicate entro 15 giorni dall'acquisto o dall'utilizzo del servizio.
Alle imprese è stato finalmente riconosciuto anche un esplicito diritto di replica e la possibilità di chiedere la rimozione delle recensioni palesemente false, obsolete o relative a situazioni modificate. Il rispetto di queste norme è garantito dalle autorità competenti, in particolare dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) e dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), che potranno intervenire con sanzioni contro chi non rispetterà queste disposizioni.
Nonostante ciò, Trustpilot continua a mantenere un modello operativo che sembra non voler recepire queste importanti direttive. Le recensioni anonime e prive di riscontro effettivo continuano infatti a proliferare sulla piattaforma, mentre le richieste di rimozione da parte delle aziende sono spesso ignorate o subordinate a una costosa iscrizione premium.
Questo evidente contrasto tra le nuove regole introdotte e la prassi adottata da Trustpilot pone un serio interrogativo: perché una piattaforma così rilevante sembra ancora operare al di fuori di una normativa che mira espressamente a proteggerne utenti e aziende? La risposta potrebbe essere più semplice di quanto si immagini: mantenere un sistema in cui le imprese sono di fatto obbligate a pagare per proteggere la propria reputazione online risulta evidentemente troppo redditizio per Trustpilot.
I danni reali per aziende e consumatori: l’impatto negativo del modello Trustpilot
La pratica adottata da Trustpilot genera conseguenze negative tangibili e preoccupanti, sia per le imprese che per i consumatori finali. Per quanto riguarda le aziende, soprattutto piccole e medie imprese, l’impatto è devastante. Una recensione negativa, specie se falsa o infondata, può rapidamente influenzare la decisione d’acquisto di centinaia o migliaia di consumatori, causando una drastica riduzione delle vendite e dei ricavi. Il danno d’immagine provocato da commenti diffamatori e privi di controllo può comportare costi elevatissimi, sia per riconquistare la fiducia persa, sia per difendersi legalmente da eventuali diffamazioni online.
Inoltre, le aziende si ritrovano costrette a destinare budget importanti non a investimenti strategici per migliorare prodotti e servizi, ma per pagare la “protezione digitale” imposta da Trustpilot. Questo non solo penalizza economicamente le imprese, ma altera profondamente le dinamiche competitive sul mercato, premiando chi può permettersi tali costi e penalizzando i più piccoli e vulnerabili.
Ma anche i consumatori subiscono gravi conseguenze. Basando spesso le proprie decisioni su recensioni ingannevoli, incomplete o manipolate, finiscono per acquistare prodotti o servizi non in linea con le aspettative, perdendo tempo e denaro. La mancanza di verifiche sull’autenticità delle recensioni compromette seriamente la fiducia nel sistema stesso, vanificando così la funzione originaria di Trustpilot, ovvero fornire consigli attendibili e imparziali.
È chiaro dunque che questo modello operativo non danneggia solo le aziende, ma compromette direttamente l’intera affidabilità del mercato digitale, generando sfiducia generalizzata e riducendo sensibilmente l’efficacia stessa del commercio online. Un danno, quest’ultimo, che potrebbe avere effetti negativi duraturi sull’intera economia digitale.
Il caso studio di SpedireAdesso contro Trustpilot
La nostra esperienza diretta con Trustpilot risale già al 2021 e conferma pienamente tutte le problematiche esposte fin qui. Nei primi mesi di quell’anno, infatti, ci siamo accorti che sulla piattaforma comparivano esclusivamente recensioni negative, tutte lasciate da utenti anonimi per i quali non c’era alcuna prova che avessero effettivamente usufruito dei nostri servizi. Queste valutazioni incontrollate e sospette hanno rapidamente fatto precipitare il nostro punteggio, portandolo a un preoccupante 3.7 su 5, decisamente inferiore rispetto a quello dei nostri principali competitor e lontanissimo dalla valutazione reale che ricevevamo e continuiamo a ricevere su altre piattaforme affidabili, come eKomi e Google My Business, dove vantiamo invece un punteggio di ben 4.7 su 5.
Di fronte a questa situazione critica, abbiamo contattato Trustpilot chiedendo chiarimenti e soluzioni. La risposta ricevuta è stata a dir poco illuminante: un commerciale della piattaforma ci ha subito proposto un abbonamento premium del costo di circa 250 euro mensili. Questo programma avrebbe permesso di inviare automaticamente richieste di recensioni verificate ai nostri clienti reali, aumentando rapidamente il numero di valutazioni autentiche. Soprattutto, ci avrebbe garantito un accesso prioritario agli strumenti di moderazione, consentendoci di far rimuovere velocemente le recensioni anonime o non verificate.
Inizialmente, aderendo a questo costoso programma, il nostro punteggio è effettivamente risalito fino a raggiungere un soddisfacente 4.5 su 5. Tuttavia, dopo un periodo di tempo, le spese sono diventate insostenibili per vari motivi, costringendoci a interrompere l’abbonamento. Non appena terminato il rapporto contrattuale a pagamento, ci siamo ritrovati immediatamente impossibilitati non solo a richiedere nuove recensioni ai clienti, ma anche a far rimuovere facilmente quelle false o diffamatorie.
Fino a novembre 2024 era ancora possibile, anche senza l’abbonamento attivo, contestare almeno in parte alcune recensioni negative palesemente non verificate. Questo ci aveva permesso comunque di mantenere un punteggio superiore a 4.2. Da novembre 2024, invece, Trustpilot ha deciso di eliminare persino questa possibilità. Da quel momento, il nostro punteggio è nuovamente precipitato fino a raggiungere l’attuale 3.7.
L’aspetto più inquietante è che, su Trustpilot, continuano ad arrivare solo recensioni negative incontrollate e prive di verifica. Questo fenomeno non trova riscontro né nei feedback diretti dei nostri clienti né nelle valutazioni registrate su altre piattaforme autorevoli. Di fatto, Trustpilot continua così ad alterare gravemente la percezione pubblica della qualità del servizio offerto da SpedireAdesso, confermando il sospetto che il modello adottato sia basato non sulla trasparenza e la qualità delle recensioni, ma sulla possibilità di monetizzare la difficoltà delle aziende attraverso quello che appare sempre più come un vero e proprio “pizzo digitale”.